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ENRICO BERLINGUER, UNA BRAVA PERSONA – Nel 1922 nasceva il leader comunista –

In un Paese come l’Italia dove, specie nei tempi attuali, nell’immaginario collettivo i politici sono mediamente intesi come soggetti corrotti, privi di ideali e dediti al malaffare ed al proprio tornaconto personale, Enrico Berlinguer è sempre stato considerato, anche dagli stessi avversari politici, un uomo retto, onesto e convinto sostenitore delle proprie idee. Insomma, in poche parole, una brava persona.
Berlinguer nasce a Sassari il 25 maggio 1922.  Si iscrive al PCI nel 1943 e fino al 1956 è segretario nazionale della FGCI, organizzazione dei giovani comunisti. Nel 1962 entra a far parte della segreteria nazionale del Partito. Nel 1972 viene eletto Segretario Nazionale del PCI, carica che manterrà fino al momento della sua morte, avvenuta l’11 giugno 1984 a seguito di un ictus di cui è vittima durante un comizio a Padova.
La direzione politica del suo partito, al di là delle divergenze di opinione sia all’interno della sua organizzazione che di tutta la sinistra italiana ed internazionale, è di grande importanza per temi e scelte di alto contenuto e spessore destinate a suscitare ancora oggi un vivace dibattito negli ambienti politici ed intellettuali.
E’ il primo a sostenere, tra i leaders comunisti europei, la necessità di un processo politico di distacco dall’Unione Sovietica verso un modello alternativo che prende il nome di eurocomunismo. Memorabile rimane il suo coraggioso discorso pronunciato a Mosca alla Conferenza internazionale dei partiti comunisti nel 1969 quando, dopo l’intervento di 35 relatori stranieri che avevano appoggiato la linea politica sovietica, Berlinguer, all’epoca vice segretario nazionale del PCI, sostiene la contrarietà del suo Partito ad un “… modello di società socialista unico e valido per tutte le situazioni…”.
Il 1973 è un anno importante per lo statista sardo. In Bulgaria esce illeso da un attentato del KGB e dei servizi segreti bulgari. Tornato in Italia, rifacendosi all’esperienza del golpe in Cile che qualche settimana prima aveva spodestato il comunista Salvator Allende, eletto Presidente della Repubblica dopo libere elezioni democratiche facendo salire al potere il fascista Pinochet, dalle pagine di “Rinascita”, settimanale di approfondimento del partito, Berlinguer propone una linea, definita “compromesso storico”, come soluzione a possibili reazioni violente della destra in caso di affermazione politica della sinistra in Italia. “…E’ illusorio pensare – sostiene – che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare (…), questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento…”.   Berlinguer pensa ad una collaborazione strategica di forze socialiste e comuniste con forze di ispirazione cattolica e democratica.
Gli anni a cavallo tra i Settanta e i primi anni Ottanta sono anni di grande vivacità politica e culturale oltre che di tensione e di violenza.
Berlinguer si distingue per la chiarezza delle esposizioni teoriche e la fermezza delle sue scelte.
Questione morale, terza via al socialismo, principio di autodeterminazione dei popoli sono solo alcuni dei temi affrontati e sui quali, per motivi di spazio, non è possibile tracciare un approfondimento esaustivo.
Uomo schivo e schietto, mantiene sempre viva la tensione politica tra i militanti, soprattutto giovani, sventolando ovunque la bandiera delle idee di libertà e di democrazia fino alla fine.
Dopo di lui, il buio ed il vuoto. E non solo negli ambienti politici della sinistra…